Notizie della settimana 22 – 28 aprile
L’allarme arriva forte e chiaro: l’impatto negativo della
globalizzazione e dell’innovazione rischia di farsi sentire sulla qualità del
lavoro e sulle disuguaglianze tra lavoratori. Così dice il report sul “Futuro
del lavoro” dove l’Ocse sottolinea come in media il 14% dei posti è «ad alto
rischio di automazione» e la transazione ai nuovi lavori che saranno potrebbe
non essere facile. Secondo il rapporto in Italia i posti di lavoro ad alto
rischio di automazione sono il 15,2% e un altro 35,5% potrebbe subire
sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolti richiedendo mansioni
molto diverse da quelle attuali. L’Ocse mette in guardia i governi perché senza
un’azione immediata, le disparità del mercato del lavoro potrebbero aumentare,
visto che alcuni lavoratori affrontano rischi maggiori di altri come per
esempio i cosiddetti atipici e i lavoratori a bassa qualifica che sono spesso
esclusi anche da programmi di formazione. Per cercare di giocare in anticipo e,
soprattutto, per offrire un aiuto concreto agli interessati, Assolavoro, e le
singole Agenzie per il Lavoro, hanno deciso di scommettere sulla formazione.
Il Governo, da parte sua, ha definito alcuni strumenti di agevolazione alle imprese attraverso il decreto per la crescita, approvato dal Consiglio dei ministri, e che mette in campo il rafforzamento e la semplificazione degli incentivi per le nuove imprese e un mix di incentivi per la trasformazione digitale dei processi produttivi. Certo, il ruolo di coordinamento che a questo punto dovrebbe svolgere il Mise è compromesso da importanti cambiamenti ai vertici, a partire dall’uscita del direttore generale per la Politica industriale, Stefano Firpo, che si è occupato, tra le altre cose, del piano Industria 4.0 per la digitalizzazione delle imprese, oltre che della gestione, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, del super ammortamento e del credito d’imposta sulla ricerca. In questo ruolo chiave dal Ministero fanno sapere che deve essere ancora individuato il successore.
In attesa di sapere come procederà l’attuazione e il coordinamento del Piano Industria 4.0 tre degli otto Competence Center istituiti dal disegno della governance nazionale del Piano stanno elaborando un’innovazione di grande interesse. Genova, Milano e Torino stanno cercando di creare, attraverso la partecipazione di grandi imprese attive nello sviluppo di tecnologie per i digital twin, modelli e dimostrazioni a beneficio delle imprese. Si tratta di creare dei gemelli digitali sia di semplici oggetti che di processi complessi e intangibili, come, per esempio, la sostenibilità ambientale. Questi modelli devono essere corretti quindi bisogna sapere come e dove raccogliere i dati e avere sufficiente potenza di calcolo, ma le tecnologie già esistono e un’evoluzione di questo tipo può avere ricadute infinite: dalle indicazioni su come ridurre il riscaldamento globale a come funziona il sistema sanitario.
In attesa degli sviluppi di nuovi modelli quelli delle imprese più tradizionali e rappresentative del nostro Paese si mettono insieme e diventano vincenti. Cibo e vino made in Italy sono, infatti, tra i principali ambasciatori dell’Italia nel mondo per attrarre turisti e anche capitali esteri nel nostro Paese. E viceversa il turismo come leva per far conoscere e apprezzare i prodotti agroalimentari italiani e dunque rafforzarne le vendite oltreconfine. Lo conferma una recente indagine condotta da Nomisma in tre mercati molto importanti per il settore agroalimentare: il Regno Unito, gli Emirati Arabi e la Cina. Alla domanda su quali settori sono percepiti dalle popolazioni di questi Paesi come più rappresentativi del made in Italy, la maggioranza degli intervistati ha indicato proprio il cibo e il vino al primo posto, con percentuali attorno al 40%, seguiti da moda e accessori, automotive, arredamento e design.
E proprio in questi settori ricadono l’esperienza
particolare della antiche seterie di San Leucio che si sono alleate con la
blockchain per valorizzare, tutelandone la specificità, la famosissima e
prestigiosa tradizione serica della real colonia borbonica e il sistema
produttivo che ancora oggi ne rinnova l’esperienza
E poi un’altra impresa storica, con alle spalle cent’anni di storia, la Sacmi di Imola, che ha presentato un Innovation lab 4.0 nuovo di zecca insieme ad un accordo di collaborazione con il Mit di Boston per accelerare la trasformazione digitale. Sacmi è numero uno al mondo negli impianti per ceramica e festeggia il primo secolo di attività rilanciando la scommessa sull’innovazione su cui già nel 1919 puntarono nove meccanici e fabbri disoccupati, trasformando una palestra dismessa in un’officina per riparare macchinari e attrezzature agricole. L’Innovation lab, in particolare, intende diventare una piattaforma aperta che mette a disposizione delle altre imprese, soprattutto Pmi, i suoi servizi: dallo sviluppo della diagnostica predittiva attraverso sensori avanzati, simulazioni digitali, algoritmi e data analytics, alla creazione di nuovi modelli di smart organization tramite l’ingegnerizzazione dei flussi di impianto. E ha la mission – dice il presidente- di formare nuovo personale altamente qualificato, valorizzando i giovani e la loro capacità di immaginare un futuro dove creatività e intraprendenza, competenze e know how, fanno sempre più la differenza.
Come si dice dalle nostre parti: il dirottamento di senso che fa incontrare mondi apparentemente distanti (come le imprese tradizionali e l’innovazione 4.0) consente di produrre nuovo valore per gli imprenditori e, come mostrano le due esperienze raccontate, anche per i territori. Saranno capaci i governi e le amministrazioni centrali di essere abilitatori di questi cambiamenti?
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