L’umano è una mente, un progetto, una libertà di Alex Giordano

Cosa dobbiamo aspettarci dall’epoca post-pandemica? Da dove dobbiamo ripartire per scrivere nuove forme di futuro? Sono domande che ognuno di noi si pone in questi giorni che sia studente, insegnante, imprenditore o altro, perché la vita di ognuno è oggi profondamente condizionata dal caos, come l’ha chiamato Franco Berardi nel corso del ciclo di Seminari #NoExit, che il Covid ha prodotto. È un caos che si trova in vari campi: quello ambientale, quello geopolitico, quello sanitario. Ed è su questi campi che si sta creando il “gioco dei tempi a venire”.

Il caos si trova in campo ambientale, in campo geopolitico e in campo sanitario ed è su questi campi che si sta crendo il gioco dei tempi a venire.

Franco Beradi BIFO

Ne abbiamo parlato a #NoExit, una serie di incontri dedicati a 6 temi: Antropocene, Lavoro, Commons, Algoritmi, Modelli alternativi alla Silicon Valley e Futuro che qui di seguito riproponiamo tutti insieme.

Abbiamo deciso, infatti, di raccogliere in questo unico documento le registrazioni dei 6 incontri del ciclo #NoExit, che ha visto tra ottobre e dicembre alcuni scienziati sociali scelti tra i massimi esperti di tematiche cruciali della transizione post-pandemica ai quali è sato chiesto di analizzare il presente per tracciare alcune vie di fuga verso il futuro.

Prendete questa raccolta come un piccolo dono, una strenna, che consolida la partnership tra il progetto PIDMed ed il Societing Lab, nella speranza che si possa rivelare una lettura (multimediale) che sia di stimolo per immaginare nuove forme di futuro anche per la comunità della pmi coaugulate intorno al progetto PIDMed realizzato dalla CCIAA di Salerno e dall’Università Federico II di Napoli.

Seguite questi contenuti, anche scegliendo quelli che vi sembrano di vostro interesse: le analisi dei relatori che si sono avvicendati sono veramente interessanti e a risentirle tutte insieme offrono grandi stimoli di riflessione, sia per le letture speciali che ci danno sulla contemporaneità, sia per lo sguardo che ci invitano ad avere verso il futuro.

Ragionando di rapide evoluzioni e cambiamenti in corso si è parlato molto del ruolo della Cina in questo momento storico, come potenza emergente di fronte ad un occidente che, per usare le parole di Franco Berardi, “si trova da qualche anno in una fase di declino e disgregazione”. Collego mentalmente questa affermazione alla riflessione di Elisa Oreglia riguardo la compresenza di tre macro-modelli socio-economici che vedono un diverso rapporto fra lo Stato e il Mercato:

  • il modello Americano, dove l’innovazione è nelle mani del settore privato e dove c’è un certo scetticismo nei confronti dello Stato da parte dei cittadini e le aziende sono la forza benevola del progresso;
  • il modello Europeo, dove, secondo lei, si vuole prevedere il futuro e controllarlo, con un ruolo forte dello Stato nell’orientare i processi di cambiamento e un mercato che tende ad avere meno slanci innovativi;
  • il modello Cinese, in cui lo Stato viene visto come una forza positiva soprattutto nelle campagne e svolge un ruolo di supporto per le imprese lasciandole libere di crescere e diventare competitive a livello mondiale.

Gli algoritmi non sono per niente neutri

Tiziano Bonini

 

La Cina è dunque l’alter ego degli USA e della vecchia cara Europa nel suo rapido processo di innovazione socio-tecnica e -secondo le parole di Franco Berardi- oggi è un laboratorio perfetto in cui “congegni di Intelligenza Artificiale agiscono in integrazione con la cattura di dati dal mondo esistente” verso la progressiva creazione dell’”automa cognitivo globale”. L’elemento-chiave di questo processo di automatizzazione delle nostre vite è l’Algoritmo, ben spiegato da Massimo Airoldi e Tiziano Bonini, i quali hanno sottolineato come gli algoritmi, automatismi (oggi) eseguiti non da persone ma da macchine, non sono per niente neutri. Nel codice dell’algoritmo infatti entrano le culture degli sviluppatori e la stessa azione degli algoritmi produce un effetto di dipendenza dal percorso. In questo senso è la cultura stessa che diventa algoritmica e il design e i dati diventano “attori sociali”.

È la cultura stessa che diventa algoritmica e il design e i dati diventano “attori sociali”

Massimo Airoldi

 

Commons e gestione dei beni comuni sono una terza via, un nuovo modo di produzione che va oltre privato e pubblico e genera valore d’uso

Tiziana Terranova

Trovo tutto questo molto potente (ascoltate gli interventi indicati e capirete) e, per questo, trovo ancor più interessante le riflessioni di Tiziana Terranova che, di fronte a questa contingenza che sembra portarci dritto alla fine della storia, invece riapre con una proposta totalmente alternativa, che porta i Commons al centro di una diversa idea di società, in una nuova organizzazione dei beni comuni. Una terza via che va oltre il privato e il pubblico, per mettere a valore risorse collettive che possono produrre nuovo valore condiviso. Il passaggio concettuale, che si sta facendo anche grazie alle esperienze concrete realizzate sul campo, è quello di gestire i beni comuni collettivamente riconoscendone il peso per la produzione del loro valore d’uso e non solo per un eventuale valore finanziario. Certo, si tratta di un nuovo modo di produzione che chiede una reinvenzione del welfare e delle forme di governo in generale. Un’utopia? No! Ci sono già diversi beni gestiti secondo questa logica e città come Napoli sono un cantiere aperto da questo punto di vista.

Serve un nuovo modello sociale, più inclusivo e più attento alla valorizzazione delle risorse storico-culturali ed ambientali di un paese meraviglioso come l’Italia

Giustina Orientale Caputo

Pensando a questa nuova idea di valore dei beni comuni e di ruolo cooperativo delle persone all’interno delle comunità, risuonano le parole di Giustina Orientale Caputo che, chiamata a riflettere sul tema del lavoro, ha concluso l’incontro auspicando per il nostro paese un nuovo modello sociale, più inclusivo e più attento alla valorizzazione delle risorse storico-culturali ed ambientali di un paese meraviglioso come l’Italia. Serve, ha detto, immaginazione. Che forse è la ricetta necessaria anche per affrontare il tema dei temi, l’Antropocene, con tutti gli effetti nefasti che Gennaro Avallone non ha risparmiato di ricordare: quelli del clima, quelli ambientali, insieme a quelli sociali.

Antropocene è una parola che significa che miliardi di persone nel mondo riconoscono di avere un problema comune

Gennaro Avallone

Vie di uscita ne abbiamo?

I nostri relatori ci hanno indicato due fattori-chiave per uscire da questo caos. Forse non sono gli unici ma sono di certo rilevanti.

Il primo sono le donne. La loro autonomia, la libertà di scelta, la creazione di pari opportunità consentirà di dare una svolta al cambiamento. Al centro il tema della riproduzione che significa, come ha detto Gennaro Avallone, occuparsi dell’ambiente di vita e occuparsi della cura di questi ambienti. Alle donne Giustina Orientale Caputo ha aggiunto anche i giovani perché, a suo avviso, questi sono gli attori sociali dai quali può arrivare l’innovazione. Anche Tiziana Terranova, ricordando che viviamo in una BioCommons cioè in una dimensione biologica che è un bene comune, ha fatto riferimento alla necessità di ripensare l’umano nella sua relazione simpoietica anche con l’ambiente e ha confermato il ruolo-chiave della scelta delle donne nella procreazione.

L’altro fronte da pensare e ripensare è quello delle tecnologie. Tiziana Terronava ha sottolineato come sia da ripensare la relazione con il non umano e con gli oggetti tecnici. E Giustina Orientale Caputo ha detto che nel nuovo modello di sviluppo sociale dobbiamo considerare per forza come le tecnologie siano uno strumento potentissimo che ci può consentire nuovi salti e nuove immaginazioni.

Una parte dell’innovazione del futuro verrà dal basso e si baserà sull’adattare le risorse tecniche sulla dimensione locale
Elisa Oreglia

 

Elisa Oreglia, raccontando di Birmania, Cambogia ma anche della Cina (dove la presenza di schermi ovunque e i nuovi social come Tik Tok stanno producendo una società iper-connessa) ha detto che una parte dell’innovazione del futuro verrà dal basso e si baserà sull’adattare le risorse tecniche alla dimensione locale nella logica che Adam Arvidsson, direttore scientifico del ciclo #NoExit ed ottimo chairperson dei cinque incontri, ha definito economia industriosa.

Sembra interessante che la via di uscita che emerge dagli incontri di #NoExit presupponga un doppio binario: quello dell’innovazione sociale e insieme quello dell’innovazione tecnologica.

Non so dire se questa lettura sia la causa o l’effetto dello sguardo che anche noi abbiamo sul mondo, fatto sta che è proprio pensando all’esigenza di innovazione tecnologica e di innovazione sociale che, da qualche anno, stiamo svolgendo un lavoro artigianale e quotidiano fatto su più fronti:

  • quello dell’Università e quindi quello della ricerca, della didattica e della cosiddetta terza missione che, per noi, si traduce nella creazione di ponti soprattutto con le MPMI del territorio;
  • il fronte che appunto ci vedere collaborare al supporto dei processi di transizione digitale ed ecologica a cui sono chiamate le imprese (soprattutto grazie alle attività del progetto PIDMed);
  • e in ultimo il fronte dell’interazione interistituzionale, per il rafforzamento delle opportunità del territorio e per la co-creazione di una nuova cultura ecologica dell’agire pubblico a vantaggio del rafforzamento del capitale sociale.

In questo modo le piste di lavoro per il nostro 2022 sono tracciate. Nel nuovo anno verranno aperte le porte del Societing Lab, uno spazio speciale che sta nascendo nella sede e nell’ecosistema di San Giovanni a Teduccio, per favorire occasioni di incontro, studio, e interazione sui temi dell’innovazione sociale e tecnologica.

Sarà una palestra dell’innovazione, un luogo privilegiato per facilitare l’apprendimento e addestrare alla complessità.

La sua missione principale sarà quella di bridging: un ponte che dovrà facilitare l’incontro tra l’ecosistema universitario (della ricerca e della didattica) e tutti gli attori esterni: il mondo delle piccole e medie imprese; le altre istituzioni; organizzazioni formali e informali:

  • favorendo la crescita delle competenze innovative per gli studenti;
  • creando occasioni per facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di nuove professionalità;
  • supportando le micro, piccole e medie imprese verso le due grandi transizioni ecologica e digitale.

Exit o #NoExit? Parafrasando Michel Crozier noi anche quest’anno continueremo nell’esercizio della Voice perché «L’umano non è soltanto un braccio e non è soltanto un cuore. L’umano è una mente, un progetto, una libertà».

Buon Anno.
Speriamo bene 😉

GUARDA I VIDEO DEGLI INCONTRI NOEXIT

Scarica QUI la strenna di transizione 2021 – 2022 del progetto PIDMed con la raccolta di tutti i video di NoExit”

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scroll to top
Quanto sei digitale