Notizie della settimana 8 – 14 luglio 19
Non è un segreto dai, lo sanno tutti… l’indice DESI (digitalizzazione dell’economia e della società) ci ha smascherato facendo vedere, appunto, a tutti, che l’Italia non brilla in competenze digitali. Siamo scesi, infatti, al 26° posto, al di sotto della media UE: solo il 44% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 57% nell’UE.
Essere tra gli ultimi della classe più che un’onta, è la rappresentazione di un problema concreto: in Italia, tra il 2019 e il 2021, le sole imprese del settore Ict avranno bisogno di quasi 45 mila tecnici ed è difficile che il mercato riesca a soddisfare questa esigenza.
L’Osservatorio delle Competenze Digitali (Anitec-Assinform, Aica, Assintel e Assinter Italia) calcola che i lavoratori più ricercati (e meno trovati dalle aziende) saranno sviluppatori (49,1%), consulenti Ict (16,3%), analisti di sistema (7,5%) e specialisti in media digitali (6,1%). Seguiti da specialisti di big data, machine learning, cybersecurity e intelligenza artificiale.
E dire che il World Economic Forum l’aveva detto: serviranno nuove professioni e ci saranno nuovi lavori, a fronte della perdita di altri che non saranno più necessari. E adesso? Serve una rincorsa, tutti insieme, come quando si parte correndo dalla spiaggia per tuffarsi in mare.
E bisognerà continuare a ripetere due mantra: quello dello sviluppo delle soft skill (necessarie perché le persone siano prima di tutto in grado di adattarsi al cambiamento e alla complessità) e l’altro, che non va dimenticato, che recita della necessità di creare un cittadino digitale.
Ricordiamoci, infatti, che prima di essere lavoratori siamo persone e animali sociali e che dobbiamo attrezzarci ad affrontare quella che, non a caso, viene definita, Rivoluzione!
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